Libertà è partecipazione!
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giovedì 10 giugno 2010

L’omofobia nel bergamasco? Il Treviglio Pride presenta “Homofobicus”.

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Venerdi 4 giugno 2010 si è svolto un evento organizzato dal Treviglio Pride, in collaborazione con L’immagine sospesa, circolo di cultura cinematografica della città di Treviglio, per la presentazione del documentario-denuncia intitolato "Homofobicus: l’evoluzione umana all’alba del terzo millennio".
Ospiti sul palco, per proporre spunti di riflessione prima e dopo la visione del documentario, Francesco Chiodelli (il regista), Rita De Santis (AGEDO), Corinna Preda (Arcilesbicaxxbergamo), Laura Liverani ed Elisa Radesca (Bergamo contro l'omofobia).
Presente anche l’assessore alla cultura di Treviglio, Daniela Ciocca, che ha posto nel suo breve intervento la questione della responsabilità politica, chiara ed inequivocabile, sul tema dell’esclusione e dell’omofobia.

Nell’intervento iniziale, Stefano Aresi (portavoce del Treviglio Pride) ha sottolineato l’importanza del dialogo con le istituzioni locali, affinché il movimento del Pride venga ufficialmente riconosciuto, dando così un primo segnale di apertura culturale a tutto il territorio.
Aresi, infatti, definisce “sorprendente” l’accoglienza delle forze politiche e della cittadinanza alle iniziative del Pride, in netto contrasto con le posizioni di alcuni politici e cittadini che pongono una sorta di “veto” culturale su tutta la questione dell’omosessualità.

A presentare il documentario/denuncia, è stato lo stesso Francesco Chiodelli che, con molta schiettezza e ironia, ha definito il suo lavoro un “documentario artigianale-casereccio ma simpatico, senza ambizioni cinematografiche”.
Il film nasce, come si evince in una presentazione ufficiale dell’evento, come reazione alle “..affermazioni del consigliere comunale Fulvio Paparo (centro-sinistra) durante una seduta del Consiglio Comunale di Bergamo (25.10.2007) che equiparavano l'omosessualità alla pedofilia, all'incesto, alla poligamia, alla zoofilia..”, e si sviluppa in tre momenti principali: le interviste ai passanti, un monologo femminile, e le interviste ad esponenti politici ed attivisti omosessuali.

Le interviste fatte ai passanti rappresentano l’aspetto di denuncia dell’intero video, in quanto capaci di catturare le più svariate considerazioni sull’omosessualità. L’intervistatore ha finto di porre domande per conto di una radio locale, facendo intendere di essere egli stesso omofobo; questa situazione ha incoraggiato i più restii agli omosessuali ad esprimersi molto apertamente, e dimostrare una forte intolleranza.
In alcuni momenti il pubblico ha sorriso, ma per la maggior parte del tempo il silenzio in sala è stato indice di un forte coinvolgimento emotivo.
I passanti intervistati avevano posizioni nette sul senso della famiglia, sui diritti civili agli omosessuali e perfino sul diritto personale di essere se’ stessi.

Alle interviste per strada, è seguito il monologo di una giovane donna, ambientato in una stanza; la ragazza parla guardando la telecamera, come a voler dialogare con ogni singolo spettatore, e spiega la sua esistenza affermando con fermezza “io sono lesbica, bisessuale, sono eterosessuale, sono cattolica, sono atea. Io sono una donna”.

Seconda parte del video dedicata ad interviste mirate ad esponenti della politica ed attivisti, fra i quali Nichi Vendola.
Gli intervistati hanno detto la loro sui diritti civili agli omosessuali, sulla completezza genitoriale che può esistere fra persone dello stesso sesso, sull’emarginazione che vivono i transessuali nella nostra società.

A chiudere il documentario, come a voler dare un messaggio di speranza, sono state proiettate ulteriori interviste in cui, però, alcuni cittadini di Treviglio dimostrano una particolare apertura mentale e tolleranza.

Dopo l’applauso, le persone del pubblico hanno preso la parola per dare la loro testimonianza diretta.
Alcuni hanno mostrato turbamento per le immagini appena viste (“io non riesco a ridere quando sento certe cose”), ed hanno espresso una forte rabbia; altri hanno preferito porre l’accento sul bisogno di capire le origini dell’omofobia, e sull’importanza del dialogo con tutti i cittadini.

Le ospiti Elisa Radesca e Laura Liverani hanno parlato del loro progetto, una mostra fotografica itinerante intitolata “Baci rubati”, e di come si sono scontrate con la censura del territorio.
Il Sindaco di Bergamo, infatti, ha negato alle organizzatrici uno spazio nel centrale Quadriportico del Sentierone (leggi l'articolo A.N.S.A QUI), richiesto per la Giornata mondiale contro l'omofobia del 17 maggio; la motivazione di tale divieto, secondo le parole della Radesca, è dovuta al fatto che il sindaco avrebbe giudicato le immagini della mostra troppo "forti" e capaci di scandalizzare i cittadini.
L’iniziativa, però, ha avuto un forte riscontro nella società civile ed è stata divulgata in vari paesi, fino a giungere a Bruxelles, dove la mostra verrà esposta davanti al Parlamento Europeo.
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Questi i fatti, ed ora ecco cosa ne penso io.
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Come ho potuto dire nel mio intervento pubblico di quella sera (ringrazio pubblicamente gli organizzatori per l’opportunità che mi è stata data), penso che l’omofobia sia una sorta di malattia, che si trasmette di padre in figlio, oppure fra componenti di una stessa comunità.
L’omofobia, pertanto, non sempre è figlia di “cattiveria”, ma piuttosto di ignoranza (come dimostravano alcuni interventi del documentario): ciò che si conosce poco e male, come tutti sappiamo, spaventa.

Per questo ritengo che l’omosessualità debba essere riconosciuta quotidianamente, ovunque e senza censure, in modo che l’intera società riesca a prendere più familiarità con questa realtà e, col tempo, a non ritenerla più un pericolo.
Pur provando a comprendere le ragioni per cui esistono locali o discoteche “a tema” (ma la mia è un’arroganza, perché non capirò mai davvero cosa prova un omosessuale in una società omofoba e bigotta come la nostra), sono contrario alla loro esistenza, perché li considero una forma di auto-ghettizzazione, ingiusta e controproducente.
Sicuramente per questo motivo, mi auguro che eventi come quelli organizzati dal Treviglio Pride si svolgano anche a Vailate. Il comitato Progetto Vailate, per esempio, ha già chiesto loro di proporre anche da noi l'evento "L'olocausto taciuto", mentre abbiamo proposto alle rappresentanti del gruppo "Bergamo contro l'omofobia" di portare la mostra sui "baci rubati" al Centro Civico A. Sala.

Chiudo questo articolo nella speranza di poter vivere in un paese dove un bacio omosessuale non si debba vedere solo ad una mostra fotografica (quando non censurata), e dove la libertà individuale non sia neanche oggetto di discussione.
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Di sicuro va al Parlamento europeo, non si è capito bene se alla sede di Bruxellex (come detto all'inizio) o alla sede di Strasburgo (secondo nuove fonti)

liberoPensieRoberto ha detto...

Grazie della precisazione, magari tienici aggiornati sempre commentando questo post...